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La sindrome di Burnout: cos’è?




Il concetto di burnout è stato utilizzato per esprimere il disagio percepito da chi ha scelto di occuparsi per lavoro della sofferenza altrui, e per comunicare che pure chi dà aiuto può trovarsi nella condizione di aver bisogno di aiuto.

Il termine “burnout”…bruciato.. descriverebbe la particolare situazione di fatica e di stress fino all’esaurimento che colpisce chi esercita un lavoro sociale di cura e/o assistenza.

Il burnout è un processo che si instaura in modo molto graduale, tanto che l’operatore spesso ne è inconsapevole… avverte che qualcosa non va, ma continua a lavorare.

Quando si verifica può essere descritto come uno stato di esaurimento fisico, emotivo e mentale.

Un senso di svuotamento, sentimenti di impotenza e di disperazione, un’aridità emotiva. Nelle forme più gravi conduce a un punto di rottura oltre il quale le persone mostrano la tendenza a voler definitivamente cambiare lavoro…da qui burn out… bruciato.

In una fase iniziale si presenta con una tendenza al superlavoro: iperattività, straordinari, sensazione di essere indispensabile. Tale senso di responsabilità totale si trasforma in un secondo momento in senso di colpa per non essere all’altezza delle proprie aspettative. Cala il senso di efficacia personale e l’autostima.

A questo punto possono comparire alcuni sintomi come: apatia, demoralizzazione, difficoltà di concentrazione, disperazione, incubi notturni, irritabilità, paure eccessive, senso di colpa, di inadeguatezza, senso di frustrazione o fallimento. Al lavoro si sperimenta un certo distacco emotivo verso l’utente, si applicano in modo rigido regole e norme e a volte si ha una certa tendenza all’ ostilità e al rifiuto.

L’operatore potrebbe cominciare a mancare al lavoro, non avere più voglia di scherzare con i colleghi, perdere le staffe e consumare più quantità di alcol. Fisicamente possono comparire sintomi di natura somatica quali disfunzioni gastrointestinali, disfunzioni sessuali, malattie della pelle, allergie, insonnia, disturbi dell’appetito. E’ chiaro che questi sintomi non saranno mai contemporaneamente presenti in un solo soggetto e nessuno di questi da solo determina la sindrome.

L’elemento centrale è la fatica del rapporto con l’altro che a partire da alcune caratteristiche individuali dell’operatore si incontra con determinate caratteristiche degli utenti.

Tra i fattori motivazionali degli operatori sembrano essere a rischio quelle persone spinte da motivazioni fortemente idealistiche.

Il burnout sarebbe una perdita di motivazione e di aspettativa ad essere bravi e a

fare del bene.

Altre caratteristiche possono contribuire all’insorgere del burnout, come quelle connesse al ruolo: troppi compiti o poca chiarezza su cosa compete e a chi. Altre sono connesse al setting organizzativo: lunghezza dell’orario, isolamento, mancanza di autonomia, il carattere bisognoso dell’utente, misconoscimento del lavoro da parte del pubblico, risorse insufficienti, mancanza di criteri per misurare l’efficacia dell’intervento, la richiesta eccessiva, il training inadeguato, l’interferenza indebita da parte dei livelli

amministrativi.

Anche la tipologia di utenti contribuisce: nelle relazioni di aiuto generalmente sono considerati soggetti “cattivi” quelli che fanno continue richieste, che si lamentano incessantemente, quelli che non seguono i suggerimenti e vanificano l’aiuto.

Un altro tipo è l’utente passivo e arrendevole, che non si assume la sua parte di responsabilità e scarica tutto nelle mani dell’operatore, come pure la mancanza di feedback da parte dell’utente e nei casi più gravi la mancanza di cambiamento o miglioramento.


Dott.ssa Sofia De Marco

Psicologa e Psicoterapeuta

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