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Prometto di sbagliare

“Prometto di essere umano, incoerente,

di dire la parola sbagliata,

la frase sbagliata,

perfino il testo sbagliato,

di agire senza pensare...

prometto di capire,

prometto di volere,

prometto di crederci.

Prometto di insistere,

prometto di lottare, di scoprire,

di imparare, di insegnare.

Tutto questo per dirti che prometto di sbagliare”.

Dal libro “Prometto di sbagliare” di Pedro Chagas Freitas





Lottare per i propri obiettivi ambiziosi non è certamente di per sé un aspetto patologico.

Anzi, tale caratteristica può costituire in realtà un indicatore di benessere psichico, poiché è sintomo della capacità di dare direzionalità alla propria vita, attraverso spinte proattive all'autorealizzazione che favoriscono il raggiungimento dei propri desideri.


In questo scenario, la cultura dei nostri tempi con le sue spinte ambiziose e individuali verso il successo a tutti i costi, il perseguimento di atteggiamenti perfezionistici, alcune estremizzazioni connesse alla percezione (fittizia) di poter avere controllo su tutto, si struttura come una cultura illusoria e irrealistica, poiché predilige le spinte narcisistiche a quelle solidaristiche, il successo alla condivisione, non supportando e non considerando il necessario sentimento intriso nella natura stessa dell'essere umano: la sua FALLIBILITÀ.



SUCCESSO VS FALLIMENTO



Perseguire obiettivi ambiziosi, accettando l'eventualità di battute d'arresto e momenti di incertezze durante il percorso, è una visione in grado di valorizzare - in termini di soddisfazione personale - non solo il risultato finale, anche in caso di successo solo parziale, ma anche l'identità stessa di chi si pone di fronte a quella sfida, potendosi percepire come soggetto che, attivamente, cerca di esprimere se stesso ed imprimere nel mondo il proprio


La valorizzazione estenuante e onnipresente della performance, l’attenzione ansiosa e rigorosa nei confronti dell’evitamento dell’errore, la tendenza a sopravvalutare le aspettative proprie e altrui ed il criticismo di quanti svolgono o hanno svolto nella nostra vita una funzione educativa, rimanda a sentimenti di complessa fatica, in cui illusioni ed evitamenti si incrociano, perché se non posso fallire non posso esistere.



DALLA PAURA DEL FALLIMENTO NASCE L’EVITAMENTO, SEGNO DI IMMOBILITÀ E BLOCCO, VIA REGIA PER L’INFELICITÀ


Tra angoscia d’imperfezione e opposizioni interne, il perfezionismo e l’ansia prestazionale diventano la base privilegiata di interpretazione di sé e delle proprie prestazioni.

Si attiva quindi il pensiero dicotomico, una modalità del vivere in cui è presente solo il successo o la sconfitta, come se la realtà non fosse così complessa e articolata com’è.

La paura che da una situazione incerta possa derivare un fallimento porta con sé la frustrazione, tipica dei nostri tempi, del trovarsi davanti ad una decisione da prendere.


In conclusione, non avere il timore di commettere errori né l’illusione di poterli evitare, perché il fallimento è la bussola per capire chi sei e dove stai andando.


Provare è più importante del vincere o del fallire, poiché la prima e assoluta verità è che non veniamo al mondo per dimostrare di essere infallibili ma per conoscere e affermare la nostra personale, unica e imperfetta capacità d’esistere.









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