La famigerata DAD (didattica a distanza) è ormai al centro delle più animate discussioni, che siano battaglie all’ultimo sangue da social network o chiacchiere da bar (quando erano aperti!).
Con i suoi pro e contro, si tratta in effetti di un argomento controverso, e non è certo facile stabilire se dobbiamo ringraziare il cielo perché la DAD esista o incitare tutte le mamme a gettare i computer dei figli dalla finestra.
Forse però una cosa possiamo farla: provare a smettere, per un attimo, di inveire contro il governo, il destino, Dio o chiunque ci capiti a tiro nelle nostre invettive, e metterci nei panni di questi ragazzi, provare a guardare la faccenda dal loro punto di vista, e a immaginare cosa sentiremmo noi, al loro posto.
Vi sembra impossibile? Beh, forse la risposta sta proprio in questo.
Ma in questo articolo, dati alla mano e con l’aiuto del parere di persone esperte, proviamo a fare un piccolo sforzo, e a capire quali sono i risvolti psicologici della DAD negli adolescenti.
I vostri figli vi sembrano più scontrosi, più tristi, più aggressivi, più chiusi, più svogliati, apatici…strani? (purtroppo) è normale (il mal di da dad esiste!) e sono le statistiche e le ricerche scientifiche a dircelo.
LA DAD AUMENTA L’ANSIA E LA DEPRESSIONE? TUTTO VERO
In numerosi studi emerge quanto i giovani siano, in questo periodo di emergenza sanitaria, una categoria particolarmente a rischio. Gli effetti di una protratta restrizione sociale stanno conducendo all’aumento di ansia e depressione.
Il CNOP (Consiglio Nazionale Ordine Psicologi), ad esempio, cita una recente ricerca: su un campione di 600 soggetti tra i 12 e i 19 anni, risulta che 1 su 3 ha sviluppato un disturbo di tipo ansioso-depressivo che si manifesta attraverso gesti autolesionistici, tentativi suicidari, disturbi del comportamento alimentare, disturbi da attacco di panico, fino ad arrivare a stati dissociativi importanti accompagnati da depersonalizzazione e derealizzazione.
Ancora, un’indagine condotta nel gennaio 2021 dal C.S. Mott Children’s Hospital, Michigan Medicine, ci dice che gli adolescenti tra i 13 e i 18 anni dimostrano l’insorgere di difficoltà o il peggioramento di disturbi preesistenti, più precisamente: ansia, depressione, disturbi del sonno, comportamenti aggressivi, isolamento dalla famiglia.
Del resto, non possiamo dire che non ce lo saremmo mai aspettati, non dopo la prima ondata: i segnali erano già evidenti. Per citare uno studio tra tanti, si pensi a quello effettato dalla fondazione Mondino di Pavia su 1649 ragazzi che non avevano mai avuto disturbi psicologici prima della pandemia. Ebbene, emerge che l’89% dimostra alterazioni dei contenuti del pensiero, stati allucinatori, sintomi dissociativi, stati di agitazione e ansia, preoccupazione ansiosa per la salute e per il futuro e disturbi del sonno.
Insomma, è evidente che il problema è reale, tangibile e che la questione non può essere liquidata con un
“Mio nonno andava a combattere al fronte, ai ragazzi stanno solo chiedendo di starsene a casa in ciabatte a guardare serie tv su Netflix!”
(ovvero, il cavallo di battaglia delle argomentazioni dei leoni da tastiera, da marzo 2020).
PERCHE’ I RAGAZZI STANNO MALE?
OK, abbiamo capito che forse non si tratta di capricci, e che i vissuti dei ragazzi in questo periodo così delicato vanno presi in seria considerazione. Ma a questo punto potremmo chiederci…perché? Perché ai ragazzi manca la scuola? Come mai prima rischiavano di rompere il termometro facendo salire la colonnina del mercurio a 40 gradi sotto l’acqua calda, pur di non andare a scuola, e adesso a casa stanno male?
La risposta è semplice, ma allo stesso tempo estremamente complessa: ciò che manca è la relazione.
Vi starete chiedendo: “tutto qui?” Sì e no.
Mi spiego meglio. Che di questi tempi i legami fossero venuti meno, ce ne eravamo accorti. Ma abbiamo un vago sospetto di tutto quello che l’assenza di relazione si è portata via con sé?
In tutto il ciclo di vita, ma soprattutto nell’età adolescenziale, tutto passa attraverso la relazione. Vediamo come.
L’IMPORTANZA DELLA RELAZIONE
La relazione sta alla base dell’apprendimento, sta alla base della crescita personale, della formazione di un’identità come singolo individuo e come persona in mezzo ai pari, sta alla base dello sviluppo e dell’espressione delle emozioni, e, quindi, della capacità di regolazione emotiva, della socialità, della sperimentazione delle autonomie, della costruzione di un pensiero critico e della capacità di comunicare e sta alla base dello sviluppo della percezione di sé. Mica poco, eh?
La relazione con i docenti e con i compagni rappresenta una delle esperienze che definisce un adolescente dal punto di vista dell'identità individuale e sociale.
Michela Gatta, dirigente e docente della cattedra di neuropsichiatria infantile dell’Università di Padova, ci dice che la DAD sta impedendo di portare a compimento i compiti evolutivi tipici dell’adolescenza, facendo riferimento alla separazione dalle figure genitoriali, alla possibilità di vivere esperienze di amicizia o sentimentali, di avere un luogo dove poter esprimere un sentimento di collettività, di appartenenza, dove esprimere le proprie possibilità, confrontandosi con gli altri e con se stessi, per definire la propria identità e la propria progettualità.
La didattica a distanza ha, per forza di cose, spazzato via tutto questo. Alla lunga, il disorientamento e il disagio sperimentati da soli tra 4 mura sono il minimo che potevamo aspettarci.
PERCHE’ IN DAD SI IMPARA MENO? 3 SEMPLICI RISPOSTE
1. (di nuovo) la relazione
A questo punto, però, gli affezionati alla didattica e alle nozioni si staranno chiedendo “Ok tutto fantastico, ma perché si impara di meno? Cosa c’entra l’apprendimento?”
Proviamo ad essere ancora più specifici: perché la relazione è importante anche per l’apprendimento?
Nel nostro cervello ci sono dei neuroni molto particolari, chiamati neuroni specchio. Questi neuroni si attivano sia quando siamo noi a fare qualcosa (un’azione qualsiasi, come mangiare), sia quando vediamo un’altra persona fare un’azione.
I neuroni specchio sono alla base dell’empatia, essenziale per creare legami con gli altri, per vivere bene con noi stessi e con le altre persone, per comprendere e creare connessioni e, guardate un po’, essenziali anche per l’apprendimento . Sembra siano, quindi, neuroni essenziali nel mondo della didattica!
é la relazione che trasmette contenuti.
E la relazione, che passa attraverso la comunicazione non verbale, in DAD è estremamente difficile da ricreare, nonostante gli evidenti sforzi da parte di alunni e docenti.
Ma non è finita qui.
2. I neuroni GPS
Non è solo la mancanza di relazione a rendere la DAD uno strumento meno efficace.
Un altro tipo di neuroni sono coinvolti nell’apprendimento e vengono irrimediabilmente messi in discussione quando si tratta di DAD: i neuroni gps.
All’inizio si pensava che questi neuroni servissero solo a orientarsi nello spazio. Si è visto, col tempo, che in realtà i neuroni gps hanno un ruolo fondamentale anche nella memoria autobiografica: in pratica noi ricordiamo gli eventi che sono legati a particolari luoghi. C’è, quindi, un collegamento tra le esperienze che facciamo e i luoghi dove le facciamo. Chiaramente, nella DAD questi neuroni non vengono attivati, quindi le esperienze fatte (e le nozioni apprese) hanno più difficoltà a fissarsi nella memoria autobiografica.
3. Irresistibilità dei Social Network
Un ultimo cenno, infine, va fatto all’enorme attrazione del mondo virtuale, e alla funzione multitasking insita nello strumento del computer, che mina l’attenzione e la concentrazione.
Secondo alcuni studi, quando si trovano davanti al pc per fare i compiti, i ragazzi impiegherebbero meno di 6 minuti per accedere ai vari social network. Gli studenti, in pratica, consumerebbero molte energie per inibire l’impulso ad accedere a Facebook, Instagram ecc, abitudine consolidata in anni e anni di utilizzo del computer come svago e non come strumento di didattica.
Attenzione, con questo non vogliamo dire che la tecnologia vada demonizzata, argomento in voga ultimamente.
La tecnologia ci sta venendo incontro, ci sta dando la possibilità di mantenere, seppure a livelli più superficiali, dei legami estremamente importanti con persone che non fanno parte del nostro nucleo familiare, ci sta dando la possibilità di ripristinare una routine (fondamentale per il nostro equilibrio psicofisico) e sicuramente può rappresentare una validissima risorsa per la scuola, in questi tempi delicati.
Emerge, tuttavia, la necessità di un utilizzo e di una gestione più consapevole, anche da parte di chi supporta i ragazzi in questo difficile momento.
COSA POSSIAMO FARE PER GLI ADOLESCENTI?
Comunicare con i ragazzi, parlare di come si sentono, di come ci sentiamo noi e come stiamo elaborando le informazioni che riceviamo (metacomunicazione) può sicuramente essere d’aiuto per fornire loro gli strumenti necessari per gestire questo periodo così incerto e delicato.
Parliamo di come ci sentiamo!
Ma per un approfondimento su come aiutare gli adolescenti ad affrontare l’ansia e tutti gli altri vissuti che in questo momento potrebbero essere preponderanti…restate sintonizzati su questi canali! Uno dei prossimi articolo verterà, infatti, proprio sui consigli ai genitori!
Simona Morra
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