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Immagine del redattorePaola Tridente

IL VOLONTARIO NELLA RELAZIONE DI AIUTO

Aggiornamento: 15 apr


Il termine Volontario deriva dal latino voluntarius, il suo sostantivo è voluntas ovvero "volontà". Significa, quindi, che il volontario è colui/colei che " agisce con la propria volontà".


Oltre al proprio lavoro, alla famiglia, agli impegni quotidiani, il volontario si assume il compito di dedicarsi all’altro.

Con un forte senso di propensione nell’aiuto di colui che si trova in una condizione di disagio e bisogno, il volontario sceglie di rendersi utile per la comunità.

Essere volontari è una scelta profonda e sincera, intrisa di generosità ed altruismo verso i più bisognosi.



Cosa significa essere un volontario?


Il più delle volte è un’appartenenza ad una categoria di persone che decidono di investire nella relazione di cura e aiuto, donando il proprio tempo, le proprie competenze ed energie.

Spesso diventa un modo di identificarsi, riconoscersi e farsi riconoscere in un ruolo ben definito. '

Il volontario svolge un'attività totalmente gratuita al servizio della comunità e delle persone.

Ciò non implica che l'azione del volontario possa non essere connotata di professionalità. Al contrario, necessità di una grande preparazione per coloro che decidono di prestare il proprio servizio nell'ambito della cura e della sofferenza umana, nell'impegno del sostegno a persone che stanno affrontando fasi molto delicate della propria vita.


Ci vuole una grandissima volontà, capacità empatica e forza morale per riuscire a sostenere una persona bisognosa, che sia per esempio l'ammalato, la sua famiglia o una persona che ha vissuto una situazione traumatica.

Per questo, quindi, non basta soltanto l'istinto nell'aiuto del prossimo ma è importante anche avere una giusta preparazione e competenza. Non è raro, infatti, che chi svolge attività di questo tipo, segue corsi di formazione, studia per diventare tale, mettendoci tanta esperienza e sacrificio.

Questo ci fa comprendere quanta attenzione, dedizione, sacrificio, senso di responsabilità, c'è dietro la figura del volontario.

Sensibilità, attenzione, preparazione, ed empatia sono, infatti, alcune delle caratteristiche proprie di chi svolge un’attività di questo tipo.


Il volontario c'è nella sofferenza dell’altra, vivendola con lui ma cercando, allo stesso tempo, di non farsi travolgere dalla stessa, poiché ciò risulterebbe deleterio sia per chi richiede aiuto ma anche per chi dona il proprio aiuto. Mantenere un certo distanziamento emotivo, pur restando empatici, risulta essere, spesso, molto faticoso.

Se per definizione il volontario ha un’innata/acquisita empatia, possiamo intendere quanto per questa figura sia difficile riuscire ad aiutare l'altro sofferente, senza però farsi travolgere.

Per evitare che ciò accada, risulta fondamentale un sostegno costante per la figura del volontario, nell'aiutarlo a restare nella sua figura di sostegno, senza lasciarsi coinvolgere totalmente, poiché il rischio potrebbe essere quello di non riuscire più ad essere un aiuto efficace. Il sostegno, la formazione al volontario risultano di aiuto nella continua ricerca della motivazione della loro scelta, è fondamentale per superare i momenti di stanchezza e difficoltà che si possono incontrare durante il proprio percorso da volontario.

 

Come mai si sceglie di diventare volontari?


Si potrebbe dire per spirito caritatevole oppure per sentirsi parte di una relazione e utili verso chi ha bisogno.

A volte, è anche un senso di riscatto: “Dono all’altro perché io non ho ricevuto”, oppure al contrario, “Dono all’altro perché sento di aver ricevuto tanto e vorrei fare la stessa cosa, facendo sentire il prossimo proprio come io mi sono sentito/a”.

Si diventa volontari, ad esempio, anche in seguito ad eventi critici o traumatici personali. Eventi che segnano profondamente al punto da farci intrepretare la vita in altro modo e da un altro punto di vista.

Altre persone, ancora, intraprendono questa strada dopo essere arrivati alla pensione, utilizzando il proprio “tempo” in un modo "nuovo" e per l’altro.

Dietro a questa incredibile spinta caritatevole c’è un individuo con la sua storia personale, con i propri vissuti ed esperienze che hanno contribuito a renderlo/a un/una volontario/a.



"Sostenere chi sostiene" diventa quasi una parola d'ordine rivolta a chi decide di mettersi al servizio dell'altro.

Il volontario si trova spesso davanti a situazioni di forte difficoltà, disagio, malattie, catastrofi ed astenersi completamente a livello emotivo, diventa spesso impossibile.

Dati ricavati da esperienze dirette su volontari, mostrano che in realtà il volontario fa molta fatica a distaccarsi emotivamente dalle situazioni di intervento che richiedono il suo aiuto. Ciò può sembrare anche comprensibile in quanto, in generale, il volontario è mosso da una forte generosità e spirito caritatevole.

Sicuramente è necessario che la persona che offre aiuto impari a mantenere la giusta distanza emotiva da colui che soffre, in modo da non lasciarsi travolgere e proteggere, così, sé stesso ma anche l'altro.

È importante avere una consapevolezza strutturata circa il proprio ruolo e il proprio coinvolgimento emotivo nelle situazioni che si trova ad affrontare, in maniera tale da evitare il rischio di rimanere vittima nella propria relazione di aiuto.

La forte intensità emotiva ed il coinvolgimento nelle condizioni di vita in cui si trova l'altro risultano, a volte, faticose e di difficile gestione. Ciò si ripercuote negativamente nella relazione di aiuto, che rischia di diventa fonte di stress da parte di coloro che sono impegnati in attività di aiuto.

Per questo sarebbe fondamentale che al volontario venga garantito sostegno e aiuto costante, con una rete di supporto emotivo e psicologico.

Al volontario bisognerebbe dare la possibilità di raccontare ciò che vede, ciò che prova, i vissuti più profondi, le angosce e le sofferenze provate dinanzi a situazioni di impatto emotivo così forte, in modo da poter essere ancora una volta un sostegno per chi è in difficoltà.

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