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Immagine del redattoreDott.ssa Paola Tridente

Lo Studente Universitario: ieri, oggi e domani

Aggiornamento: 10 ago 2023

E ora? ” questa è una della domanda che, quando terminano gli studi superiori, in tanti si pongono. Alcuni decidono di continuare con gli studi iscrivendosi all’Università, altri decidono di iniziare ad affacciarsi nel mondo del lavoro. Le ragioni che spingono una persona nell’una o nell’altra scelta potrebbero essere diverse e racchiudere in sé mandati familiari, aspettative e idee di sé.


Chi sceglie di iscriversi all’università, potrebbe avere alla base la motivazione di inseguire la realizzazione di un sogno, come di diventare medico, ingegnere, architetto, avvocato, oppure seguire la carriera dei genitori. Altri si iscrivono all’Università come unica strada possibile, perché non hanno mai contemplato la possibilità di fare altro nella propria vita che non sia laurearsi. Altri ancora possono vedere l’Università come “il pretesto accettabile” per allontanarsi da casa e sentirsi liberi.


Nella propria famiglia, che è la nostra relazione di riferimento primaria, e nelle relazioni con i coetanei sviluppiamo un’idea di noi che ci porta a fare determinate scelte piuttosto che altre. È proprio da lì che nasce la nostra idea di iscriverci all’Università e arrivare, per alcuni, al tanto agognato obiettivo della laurea.


I giovani adulti, in questo modo, intraprendono un percorso in modo da definire le basi per un futuro professionale e personale che vede un percorso lungo e ben definito. Inoltre, alcuni studenti, oltre ad incominciare un percorso nuovo, decidono di farlo da “fuorisede”, lontano da casa e lontano dalla loro famiglia, dando inizio ad una vera e propria avventura nelle emozioni, nei sentimenti, nelle azioni, per alcuni mai sperimentata prima.


È una scelta coraggiosa che pone un distanziamento, a livello geografico tra sé stessi e la propria famiglia ma anche a livello emotivo tra il sé-ex-adolescente ed il nuovo sé-giovane-adulto. Non si vive più in quella stanzetta dove si è stati adolescenti con i propri pensieri ma si inizia a vivere da soli, in un’altra città, in un nuovo contesto, con relazioni nuove da sviluppare. Tra i banchi universitari ci si inizia a sentire grandi e responsabili.


Cosa spinge un giovane adulto ad intraprendere la carriera universitaria e, soprattutto, fuori sede? Come mai si ha l’esigenza di sentirsi grandi e di compiere questo passo?


In una certa fase della propria vita, anche a livello fisiologico, arriva il momento di crescere, dimostrare a se stessi e agli altri (come la famiglia) che orami si è abbastanza grandi da poter costruire il proprio futuro, che sia da soli oppure con il sostegno dei propri familiari o amici. Si inizia a guardare concretamente in avanti, verso la propria realizzazione personale.

Alcuni riescono a diventare autonomi dai propri familiari, ad esempio decidendo di lavorare per rendersi indipendenti economicamente e portare avanti la propria vita, sia come lavoratore che come studente fuorisede.

Altri, nonostante la distanza di per sé crea una certa autonomia, continuano a sentirsi ancora legati ai propri genitori a livello emotivo ed economico perché, ad esempio, hanno scelto di dedicare tutto il loro tempo allo studio, con in mente un mandato ben preciso: “Sono qui, lontano dalla mia famiglia e dalle amicizie d’infanzia, per studiare e laurearmi nel più breve tempo possibile”. Alcuni eliminano ogni forma di distrazione che possa farli deviare dal loro “mandato” che diventa una vera e propria “missione”.


Si sperimentano così, in entrambe le situazioni, i primi passi verso l’età adulta e, con essa, il peso della responsabilità, perché diventare adulti significa anche un poco questo. Se nel caso dello studente lavoratore si sviluppa la responsabilità di doversi realizzare con le proprie forze per sentirsi abbastanza capace e forte, spesso dimostrando alla propria famiglia di essere abbastanza bravo/a. Nel caso, invece, dello studente che sceglie di dedicarsi unicamente allo studio si sviluppa la responsabilità di non poter deludere se stesso e/o la propria famiglia, di dover, quindi, dimostrare che la scelta di studiare lontano da casa è stata quella giusta.


Il voto è una questione che riguarda tutti?


Lo studente universitario si indentifica nel voto e pesa il proprio valore sulla base di quanto viene valutato dal docente. La fatica di dover mantenere uno standard elevato oppure di dover cercare di alzare la propria media richiede uno sforzo costante e un continuo rimettere in discussione il proprio valore. Inoltre, il voto non è solo una questione personale ma inizia a riguardare un po' tutti, colleghi, professori, genitori, fratelli, nonni. Quando si rientra a casa per il fine settimana o per le festività, la domanda dei familiari è sempre dietro l’angolo: “Come va l’università? Quanto hai preso all’esame? Quando ti laurei?”.

L’università diventa una questione di tutti, non solo dello studente che faticosamente cerca di avanzare nella carriera universitaria, che si sta sperimentando in un nuovo modo di essere, ma anche dei genitori che si preoccupano o che si aspettano risultati da lui/lei, caricandolo inconsapevolmente di forti aspettative.


Io chi sono? Il passaggio dello studente fuorisede da casa all’Università racchiude in sé una moltitudine di significati che si attribuiscono a sé stessi e agli altri.

È una sorta di banco di prova, dove ci si sperimenta in qualcosa di nuovo, dove si può scoprire qualcosa su di sé e sugli altri. Questo spesso può spaventare e portare ad una messa in discussione che racchiude due poli di significati opposti e ambivalenti. Ci si potrebbe domandare “ma io chi sono?”, “come sono?”, “Sono una persona capace o incapace, indipendente o dipendente, felice o infelice?” e “rispetto agli altri sono più o meno?”.

Il mettersi in discussione, soprattutto quando non si trova una risposta e una definizione di sé, crea confusione nella persona.


Come mai ci si pone adesso questo tipo di domande?


È la prima volta che si è lontani dal “nido familiare” e ci si sente soli, vulnerabili, incompleti. Prima c’era la famiglia, per quanto sia funzionale o meno, che badava a me, anche semplicemente pensando al pranzo o alla cena, al bucato, alla gestione della casa. Adesso ci si trova lontani e soli, che da una parte può risultare entusiasmante ma dall’altra può far paura. È proprio l’essere solo con se stesso che, per la prima volta, ci concede la possibilità di fermarsi un istante per domandarsi “Sto andando nella giusta direzione?” oppure “Che cosa desidero per me e cosa gli altri si aspettano che io diventi?”.

L’Università è spesso vista come un luogo che rappresenta una linea di confine tra giovane e adulto, tra i sogni e le realizzazioni di essi. Si inizia a concretizzare quella che prima era un’idea e più si avanza nel percorso universitario più questa idea diventa tangibile. Più ci si avvicina all’ultimo anno del percorso di studi, più si inizia a percepire la stanchezza di anni di studio, di notti insonni, ansie, paure, ripensamenti. Anni in cui il peso della responsabilità è progressivamente cresciuto, il dover dimostrare, forse al mondo intero, di essere abbastanza meritevoli.


Dietro l’angolo c’è la fase successiva che è quella del giovane adulto che non dimentica tutto quello che ha vissuto e costruito per arrivare fino a lì. Che sia da solo, che sia sostenuto dalla famiglia d’origine o dalla famiglia acquisita che sono gli amici o fidanzati/e, il giovane adulto studia per diventare abbastanza pronto per affrontare una nuova sfida, il domani come adulto inserito nel contesto sociale, come membro produttivo e quindi come lavoratore …

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